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Riservisti militari, il piano del centrodestra: “Diecimila richiamati in caso di emergenza”
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Riservisti militari, il piano del centrodestra: “Diecimila richiamati in caso di emergenza”

Riservisti militari, il piano del centrodestra: “Diecimila richiamati in caso di emergenza”

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Venti di guerra si addensano sul mondo e anche l’Italia si interroga sul proprio ruolo in un possibile escalation internazionale. Le recenti tensioni, alimentate dall’attacco degli Stati Uniti all’Iran, hanno riacceso il dibattito sulla sicurezza e sulla difesa del Paese, portando alla proposta di istituire una riserva militare di emergenza.

Il progetto del Centrodestra: una riserva di 10.000 ex militari pronti all’intervento

Il centrodestra accelera sul fronte della difesa, proponendo l’istituzione di una riserva militare composta da circa 10.000 ex militari italiani, richiamabili in tempi rapidi in caso di emergenza o conflitto. La proposta, annunciata dal presidente della commissione Difesa della Camera, Nino Minardo (Lega), prevede l’avvio dei lavori parlamentari già dall’8 luglio, con l’obiettivo di unificare due testi di legge – uno presentato dallo stesso Minardo e uno del deputato Pd Stefano Graziano – in una proposta condivisa.

Il modello su cui si basa il progetto è quello austriaco: attualmente, in Austria esiste una riserva di 35.000 unità, obbligate a un addestramento annuale di 30 giorni per almeno cinque anni. I riservisti riceverebbero un compenso medio di 6.000 euro annui e avrebbero permessi di lavoro garantiti. In Italia, l’idea è di coinvolgere ex militari di ferma breve volontaria o ex membri delle forze dell’ordine, con modalità e doveri strettamente regolamentati.

Obblighi e modalità di attivazione

Far parte della futura riserva significherebbe accettare alcuni obblighi: permanere reperibili, comunicare eventuali cambi di indirizzo, sottoporsi a controlli medici annuali e partecipare a corsi di addestramento di almeno due settimane ogni anno. In caso di crisi, i riservisti potrebbero essere mobilitati dal governo per difendere il territorio nazionale, i confini o in situazioni di emergenza di rilevanza nazionale.

Il deputato Nino Minardo sottolinea che “i tempi sono maturi per discutere seriamente di uno strumento strategico per la sicurezza nazionale,” evidenziando la volontà di limitare l’accesso alla riserva a cittadini italiani in congedo volontario, con un’esperienza di ferma triennale o iniziale, per garantire competenza ed efficienza.

Il ruolo del Partito Democratico: una proposta parallela e complementare

Anche il Pd si è fatto avanti con una proposta in linea con quella del centrodestra, firmata da Stefano Graziano. La loro idea prevede anch’essa la creazione di una riserva composta da ex militari e figure delle forze di polizia in congedo, con l’obiettivo di integrare le forze armate in situazioni particolari e di emergenza. Il piano del Pd include incentivi alle aziende che concederanno permessi ai lavoratori riservisti e si propone di costruire un “testo unico, equilibrato e moderno” per rispondere alle nuove sfide di sicurezza.

Verso un fronte unito? La discussione in Parlamento

La discussione ufficiale prenderà il via l’8 luglio in commissione Difesa alla Camera, con l’aspettativa che centrodestra e opposizione possano trovare un punto di convergenza. Minardo afferma che “l’obiettivo è valorizzare l’esperienza di chi ha già servito lo Stato e rispondere alle sfide di sicurezza interna ed esterna.”

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L’Iran può decidere così, prezzo del petrolio alle stelle! Cosa rischia adesso l’Italia
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L’Iran può decidere così, prezzo del petrolio alle stelle! Cosa rischia adesso l’Italia

L’Iran può decidere così, prezzo del petrolio alle stelle! Cosa rischia adesso l’Italia

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Le recenti dichiarazioni del Consigliere del Leader Supremo dell’Iran, che hanno paventato la possibilità di chiudere lo Stretto di Hormuz come “una delle possibili opzioni” in risposta all’escalation delle tensioni con Stati Uniti e Israele, hanno catalizzato preoccupazioni e allarmismi tra mercati finanziari e governi di tutto il mondo. Lo stretto, snodo fondamentale per il commercio globale, rappresenta oggi uno dei punti cruciali della geostrategia energetica internazionale.

Lo Stretto di Hormuz: il crocevia del petrolio mondiale

Il collegamento marittimo tra l’oceano Indiano e il Golfo Persico, attraverso il quale transita circa il 30% del petrolio mondiale, è considerato il ventre molle del commercio internazionale. La sua potenziale interruzione potrebbe scatenare una crisi senza precedenti. Attualmente, i prezzi internazionali del petrolio sono in forte rialzo: il West Texas Intermediate (WTI), dopo l’attacco statunitense ai siti nucleari iraniani, ha registrato un incremento fino a circa 77 dollari al barile, con previsioni di un’apertura in ulteriori rialzi nella giornata di lunedì 23 giugno, e possibilità di toccare i 90 dollari nel breve termine.

Conseguenze di un possibile blocco: da crisi energetica a recessione globale

Se dovesse realizzarsi il peggio e lo Stretto di Hormuz fosse chiuso, le ripercussioni rischierebbero di essere devastanti e di vasta portata. Le stime di Oxford Economics indicano che il prezzo del petrolio potrebbe salire fino a 130 dollari al barile, un aumento tale da mettere in crisi molte economie, europee e mondiali.

Il rincaro energetico si tradurrebbe immediatamente in un’impennata dei costi di produzione e di bollette, alimentando un’ondata inflazionistica ancora più rapida e violenta. Secondo stime della Federal Reserve, ogni incremento di 10 dollari nel prezzo del petrolio può aumentare l’inflazione dello 0,4% e ridurre la crescita economica della stessa percentuale. Con un livello ipotetico di 130 dollari al barile, questi effetti si moltiplicherebbero, mettendo a dura prova le finanze di cittadini e imprese.

Inoltre, il blocco dello stretto non frenerebbe solo il transito del greggio: esso costituisce un asse strategico anche per il gas naturale liquefatto (GNL) e altre merci chiave. La sua chiusura prolungata rischierebbe di interrompere le catene di approvvigionamento globali, generando carenze di materie prime e ritardi nelle consegne, con un conseguente aumento dei costi di trasporto e di produzione.

Impatti sull’Italia e sull’Europa

L’Italia e l’intera Unione Europea, altamente dipendenti dall’importazione di energia dall’area mediorientale, sarebbero tra le regioni più vulnerabili a questa crisi. Un aumento dei prezzi del petrolio e del gas avrebbe immediatamente ricadute sulle bollette energetiche di famiglie, imprese e settori strategici, mettendo a rischio la ripresa post-pandemica e alimentando il timore di un ritorno alla stagflazione.

Il commissario europeo all’Economia, Valdis Dombrovskis, ha già avvertito che “se persistono i rialzi, possono filtrare nei costi alla produzione e nelle bollette energetiche nell’Ue”, preannunciando un onere insostenibile per la crescita e la competitività europee.

C’è una strategia iraniana dietro la minaccia?

Va sottolineato che la minaccia di chiusura dello Stretto di Hormuz da parte dell’Iran potrebbe rivelarsi più un autogol strategico che un’effettiva mossa tattica. Hormuz rappresenta infatti la principale via di esportazione del petrolio iraniano verso l’Asia, evitando le rotte più pericolose e le barriere delle sanzioni internazionali. Un suo blocco, di fatto, priverebbe Teheran della principale fonte di reddito, aggravando una già precaria economia interna segnata da sanzioni e instabilità.

D’altra parte, i paesi produttori come Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti dispongono di alternative come oleodotti diretti al Mar Rosso, anche se le capacità di queste rotte alternative sono limitate e non sostituibili completamente.

Un scenario di crisi globale e le ripercussioni future

Il possibile blocco dello Stretto di Hormuz rappresenta quindi una minaccia non solo per l’equilibrio geopolitico, ma anche per la stabilità economica mondiale. La comunità internazionale si trova di fronte a un dilemma: evitare escalation militari che rischierebbero di portare a un conflitto aperto o affrontare le destabilizzazioni economiche di lunga durata.

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ECONOMIA E FINANZA 

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Tromba d’aria improvvisa sulla spiaggia italiana: tutto distrutto
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Tromba d’aria improvvisa sulla spiaggia italiana: tutto distrutto

Tromba d’aria improvvisa sulla spiaggia italiana: tutto distrutto

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Le trombe d’aria sono tra i fenomeni naturali più temuti in assoluto in quanto, irrompendo all’improvviso, possono, in pochi istanti, spazzare via tutto ciò che incontrano lungo il loro percorso, arrecando danni impressionanti agli stabilimenti balneari, alle auto, agli edifici e mettendo in serio pericolo la vita dei residenti.

Lo scenario legato al passaggio di una tromba d’aria è davvero catastrofico, catturato, a volte, dagli obiettivi di uno smartphone , con immagini agghiaccianti che vengono condivise sui social. Nella stagione estiva appena iniziata, l’Italia, divisa in queste ore in due, da un parte ha visto splendere il sole al Sud e sulle Isole Maggiori, dall’altra il maltempo in altre regioni della penisola.

Uno scenario frammentario, questo, che ci pone dinnanzi agli occhi un problema non da poco: le conseguenze che, il passaggio delle famigerate trombe d’aria, proprio come quella di cui vi parleremo, che in brevissimo tempo ha seminato il panico e lo sconcerto tra i locali, molti dei quali nell’agitazione più totale.

Doveva essere una giornata spensierata, serena, di relax al mare, ma è diventata un’apocalissi in pochi momenti che sono sembrati un’eternità per chi, sulla propria pelle, li ha vissuti.

Una tromba d’aria si è abbattuta all’improvviso su una spiaggia italiana. Vediamo insieme quali sono state le conseguenze del suo passaggio, dal momento che il bilancio sembra pesantissimo in termini di danni cagionati, sulla base degli ultimissimi aggiornamenti diramati a mezzo stampa.

Doveva essere una giornata tranquilla e spensierata, quella che i bagnanti si accingevano a vivere sulla spiaggia di Marina di Pietrasanta, in provincia di Lucca, una delle località balneari più gettonate dai turisti e dai residenti.    Non era una giornata celestiale ma  ventosa, eppure nessuno  poteva immaginare cosa , da lì a poco ,sarebbe accaduto. Tutto ad un tratto, mentre un membro dello staff Liù camminava  lungo la passerella, a  Fiumetto, insieme a dei clienti,  per consentire a loro di visionare  l’ombrellone assegnato,   è accaduto un qualcosa di pazzesco.

Proprio al centro della spiaggia, improvvisamente, si è formato un mulinello d’aria che, rapidamente,  guadagnando forza, ha risucchiato tutto ciò che si è trovato sul suo passaggio.  Uno scenario apocalittico, quello generato dalla tromba d’aria  che, in pochi istanti, ha spazzato via alcune tende,  mentre gli  ombrelloni  sono stati spinti a  un’altezza di 15-20 metri per poi ricadere, colpendone altri.

E’ stato un fuggi fuggi generale, sino a quando il  mulinello ha cambiato direzione, virando verso Ponente, direzione Forte dei Marmi. Quello che però ha prodotto è impressionante, in quanto ancora oggi è in corso la conta dei danni, di alcune migliaia di euro.

Le attrezzature sono state danneggiate o rotte, gli ombrelloni sono volati via, e questo avrebbe potuto colpire i bagnanti che, per fortuna, non erano tantissimi, essendo ancora a giugno, dunque all’inizio della stagione balneare.

I bagni limitrofi, dal “Patrizia” al “Francesca”, fino al “Carla” e il “Bonanza”. Mobilitato il Consorzio mare Versilia, che racchiude i bagni di Marina di Pietrasanta, per ogni tipo di supporto, sono stati messi a soqquadro. A Viareggio ai bagni “Esperia” e “Le Due Sorelle”,  una tromba d’aria ha prodotto consistenti danni negli stabilimenti, in cui ombrelloni, sedie, lettini e tende sono stati abbattuti dal vento, per fortuna non in presenza di tanti bagnanti.

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Sigonella in allerta massima dopo l’attacco all’Iran: rafforzata la sicurezza in tutta Italia
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Sigonella in allerta massima dopo l’attacco all’Iran: rafforzata la sicurezza in tutta Italia

Sigonella in allerta massima dopo l’attacco all’Iran: rafforzata la sicurezza in tutta Italia

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L’inasprimento del conflitto internazionale tra Stati Uniti e Iran ha creato una situazione di forte allerta in Italia. Dopo il massiccio attacco statunitense contro obiettivi iraniani, le basi militari americane nel nostro Paese sono state immediatamente messe in stato di massima attenzione, con sigilli di sicurezza rafforzati e misure di vigilanza potenziate lungo tutto il territorio.

Sigonella alza il livello di allerta: ora “Charlie”

Tra le principali basi interessate, la base di Sigonella in Sicilia, definita il “cuore operativo USA nel Mediterraneo”, ha innalzato il livello di allerta a “Charlie”, uno step che si avvicina al massimo stato di allerta “Delta”. Questo passo indica la presenza di una minaccia terroristica reale e imminente, e comporta restrizioni negli accessi, controlli più severi e limitazioni nei movimenti del personale militare e civile.

Secondo fonti qualificate, si tratta di un cambio di rotta deciso e immediato, volto a rafforzare la sicurezza in un momento di crescente tensione internazionale e di minacce concrete rivolte alle basi militari statunitensi in Europa e nel Mediterraneo.

Significato del livello “Charlie” e le misure in atto

Il livello “Charlie” della scala FPCon (Force Protection Condition) rappresenta il secondo livello più alto di allerta, attivato quando si di trumpano sospetti di azioni terroristico imminenti a carico di gruppi estremisti. Le regole interne sono state aggiornate: accessi limitati, controlli più stringenti su materiali sensibili e ispezioni rafforzate sono ora la norma nelle aree militari interessate.

Sigonella: Snodo strategico nel cuore del Mediterraneo

La base di Sigonella, situata all’interno dell’aeroporto Cosimo Di Palma, sotto il controllo dell’Aeronautica Militare Italiana, rappresenta un elemento chiave delle operazioni NATO e delle strategie di sorveglianza nel Mediterraneo. Ospitante circa 5.000 militari di diverse nazionalità e funzionante come piattaforma avanzata per droni come il Global Hawk, la base svolge un ruolo cruciale nelle missioni di monitoraggio sulla Crimea, il Mar Nero e in scenari di crisi come l’attuale.

Con l’intensificarsi della crisi tra USA e Iran, la presenza e le attività di Sigonella si sono ulteriormente rafforzate, con operazioni di sorveglianza e deterrenza che coinvolgono anche le commissioni NATO.

Sicurezza rafforzata su tutto il territorio nazionale

Le misure di sicurezza sono state immediatamente estese a livello nazionale: a Roma, si sono intensificati i controlli attorno all’ambasciata americana, al Vaticano e ad altri obiettivi strategici. Anche a Milano, le autorità hanno adottato piani di sicurezza straordinari, con verifiche e presidi rafforzati nei principali luoghi pubblici, religiosi, culturali ed economici.

Il Ministero dell’Interno e le forze dell’ordine lavorano in stretta collaborazione con i servizi di intelligence per prevenire eventuali azioni terroristiche, attenti a ogni possibile minaccia in un quadro di instabilità globale che prosegue senza sosta.

Un contesto di tensione protratta e anti-terrorismo internazionale

Negli ultimi mesi, le autorità europee avevano già lanciato avvertimenti riguardo a rischi terroristici legati ai grandi eventi sportivi e politici trasmessi da tensioni internazionali. In Germania, ad esempio, sono stati impiegati oltre 500 agenti di polizia in operazioni di controllo straordinarie, evidenziando la portata transnazionale del pericolo.

Preparativi a tutto campo: droni, evacuazioni e cooperazione NATO

La base di Sigonella ha già una lunga storia di gestione delle crisi internazionali, come dimostrato dall’evacuazione dell’Afghanistan nel 2021. Oggi, in un clima di crescente pericolo, le forze militari italiane e americane si preparano a fronteggiare eventuali minacce, intensificando operazioni di intelligence e sicurezza.

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Nonna pretende che al nipotino sia dato il suo nome
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Nonna pretende che al nipotino sia dato il suo nome

Nonna pretende che al nipotino sia dato il suo nome

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Grazie al cielo, con i grossi passi avanti della tecnologia, l’attesa di un bebè  viene ingannata alla grande, poiché ci si affida a congegni per ascoltare i battiti del cuoricino del nascituro, si trascorrono ore a guardare le ecografie in 3D e 4D, si preparano i corredini.

Il periodo della gravidanza, grazie all’aiuto della tecnologia, dovrebbe essere vissuto all’insegna della spensieratezza ma non è sempre così perché a volte i problemi non ce li creiamo noi ma dipendono da terzi.

Non si conosce il motivo, ma alcune persone, specie parenti stretti, della futura mamma, da quando vengono a conoscenza della lieta novella, iniziano a cambiare, adottando comportamenti un tantino troppo invadenti.

In particolare, nel caso che sto per raccontarvi, è la suocera a peccare di indiscrezione, a detta della nuora. Ma vediamo in dettaglio quel che accaduto in modo che possiate, eventualmente, dire la vostra sull’argomento .

Una futura mamma residente nel sud-ovest degli Stati Uniti, nel vedersi la suocera trasformata repentinamente sin da quando ha scoperto che sarebbe diventata nonna, ha posto un quesito, rivolto agli utenti di un sito di intrattenimento e social news di nome Reddit.

Richiamo degli angeli: cos'è e perché si usa in gravidanza

Nella sezione AITA di tale sito, dove l’acronimo sta per “Am I the A**hole?”, letteralmente tradotto in “Sono io lo str***?, ci si confronta con gli altri, riguardo a temi scottanti, proprio come il rapporto suocera- nuora cambiato a seguito della scoperta della maternità di quest’ultima. A detta della futura mamma, la suocera continuava a riferirsi al nipotino in arrivo come al “suo bambino”.

Alla cosa sia lei che il marito non hanno dato più di tanto peso, fino a quando la richiesta avanzata dalla futura nonna si è fatta decisamente più invadente e pretenziosa. Ha voluto, in primis, l’elenco dei nomi scelti per il loro bebè in modo da vagliarne la lista ed esprimersi sulla base delle sue preferenze. Quando la nuora le ha chiesto a cosa fosse legata la sua richiesta, la donna le ha risposto che voleva semplicemente assicurarsi che il nome prescelto mettesse d’accordo tutti i parenti stretti.

A quel punto, la nuora non ci ha visto più e, in preda ad uno scatto di rabbia, ha iniziato a schiarirsi la voce, ribadendo con gentilezza ma con fermezza che non c’era alcun motivo per cui altri dovessero pensarla allo stesso modo sui nomi che lei e suo marito avevano scelto. La suocera, invece di mettersi a tacere, le ha urlato addosso: È mio nipote! Il mio bambino”, pretendendo al piccoletto venisse dato il suo nome.

La nuora, infastidita, ha ribadito che il genitore non era lei e che non avrebbe potuto avere voce in capitolo sulle decisioni importanti, come, appunto, quella della scelta del nome del piccolo in arrivo. A quel punto, essendosi i toni decisamente surriscaldati, è stato provvidenziale l’intervento del marito che ha chiesto alla madre di calmarsi e di andarsene a casa.

Ma la suocera non si è arresa, non ha ingoiato il rospo, facendo credere a tutti i parenti che i due futuri genitori stavano già facendo di tutto per tenerla lontana dal nipotino, peraltro non ancora venuto al mondo. E la cosa alquanto curiosa è che molti familiari sono andati a suo favore

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Israele-Iran, attacco Usa ai siti nucleari
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Israele-Iran, attacco Usa ai siti nucleari

Israele-Iran, attacco Usa ai siti nucleari

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Crisi Iran-Israele: gli Stati Uniti colpiscono i siti nucleari, Teheran minaccia ritorsioni. Meloni convoca vertice urgente.

L’attacco coordinato degli Stati Uniti contro l’Iran

Nella notte tra il 21 e il 22 giugno, sei bombardieri stealth B-2 provenienti dalla base di Whiteman, Missouri, hanno effettuato un’operazione militare mirata contro tre siti strategici del programma nucleare iraniano: Fordow, Natanz e Isfahan. Le esplosioni, descritte come chirurgiche per precisione, sono state così intense da essere rilevate anche dai satelliti NASA, che hanno segnalato un’anomala concentrazione di calore nell’area colpita.

L’operazione, ordinata dal presidente Donald Trump, rappresenta un’escalation significativa nel conflitto, che, fino a poche ore prima, aveva già visto una serie di tensioni crescenti: cyberattacchi reciproci, blackout parziali e sirene di allarme in Israele.

Risposte e reazioni: da Trump a Teheran

Il presidente statunitense ha celebrato il raid come un “successo militare spettacolare”, avvertendo l’Iran: “Se non sceglierete la pace, i prossimi colpi saranno ancora più devastanti”. Trump ha ribadito che l’obiettivo era prevenire lo sviluppo di armi nucleari iraniane, lasciando intendere che ulteriori azioni potrebbero seguire in caso di provocazioni.

La risposta di Teheran non si è fatta attendere. Il governo iraniano ha bollato l’attacco come una “palese violazione del diritto internazionale”, promettendo ritorsioni e accusando l’Aiea di “complicità silenziosa” nell’operazione. Le Guardie Rivoluzionarie iraniane hanno dichiarato che le basi militari statunitensi in Medio Oriente saranno ora obiettivi legittimi, con un messaggio minaccioso: “Le ridurremo in cenere”.

Israele: bombardamenti a Tel Aviv e solidarietà con gli USA

Anche Israele ha subito sviluppi drammatici. A Tel Aviv, due edifici sono stati colpiti e completamente distrutti da missili presumibilmente lanciati da milizie filo-iraniane. Il dottor Moti Nissan dell’MDA ha commentato che, grazie all’allerta tempestiva, i feriti sono stati pochi e non gravi, ma i danni materiali sono ingenti.

Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha espresso pieno appoggio all’operazione statunitense, sottolineando: “Pace attraverso la forza. Prima viene la forza, poi la pace”. La solidarietà tra Tel Aviv e Washington si fa evidente, mentre la tensione in regione cresce di ora in ora.

Divisive reazioni negli Stati Uniti e la politica italiana

Sul fronte interno, si acuisce la spaccatura nel Partito Repubblicano. Mentre figure come Lindsay Graham sostengono che l’attacco sia “giusto e meritato”, altri membri manifestano dubbi sulla legittimità costituzionale dell’operazione. La responsabilità democratica viene riaffermata dal deputato Jim Himes, che ha sottolineato: “La mia responsabilità verso la Costituzione viene prima di tutto”.

L’Italia, sotto la guida della premier Giorgia Meloni, ha convocato una riunione straordinaria dei ministri e degli enti di sicurezza per valutare le implicazioni del conflitto. Il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi ha bollato l’attacco come “criminale e pericoloso”, ammonendo che “le conseguenze dureranno per sempre”.

Un’area ormai in forte rischio di escalation

Il segretario generale delle Nazioni Unite ha espresso “profonda preoccupazione” per l’escalation, avvertendo che un conflitto su vasta scala potrebbe degenerare rapidamente, coinvolgendo l’intera regione mediorientale. La comunità internazionale si interroga sulle prossime mosse di Washington, Teheran e Tel Aviv, nel timore di un conflitto che potrebbe avere conseguenze globali.

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Iran pronto alla rappresaglia: alta tensione dopo i raid USA. Le possibili conseguenze e gli obiettivi nel mirino
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Iran pronto alla rappresaglia: alta tensione dopo i raid USA. Le possibili conseguenze e gli obiettivi nel mirino

Iran pronto alla rappresaglia: alta tensione dopo i raid USA. Le possibili conseguenze e gli obiettivi nel mirino

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L’atmosfera di crescente tensione tra Stati Uniti e Iran si fa sempre più palpabile, con l’eco dei recenti bombardamenti statunitensi contro infrastrutture nucleari di Teheran che continua a riversarsi a livello internazionale. La situazione si sta rapidamente inasprendo, alimentando timori di una risposta violenta da parte dell’Iran, che potrebbe assumere varie forme e coinvolgere l’intera regione del Medio Oriente.

Secondo analisti militari e fonti di intelligence, l’Iran non resterà a guardare. Le autorità di Teheran si preparano apparentemente a rispondere con modalità che vanno dalla guerra convenzionale a operazioni ibride e sofisticate, che mirano sia a obiettivi statunitensi diretti, sia agli interessi degli alleati americani nel Golfo Persico. Tra le possibili risposte più concrete, si suppone un attacco alle basi militari statunitensi presenti in Qatar, Bahrein e Kuwait, considerati bersagli realistici in caso di escalation.

L’ex comandante del Centcom, il generale in pensione Joseph Votel, ha aperto un fronte più realistico sostenendo che la possibilità di attacchi diretti sia ormai vicina. In un’intervista al Financial Times, Votel ha sottolineato come queste installazioni rappresentino obiettivi sensibili per una eventuale rappresaglia iraniana. Il Pentagono ha già predisposto contromisure militari per contenere eventuali offensive, ma la minaccia di escalation rimane alta.

Non solo il campo militare: Teheran potrebbe optare anche per operazioni cibernetiche, sabotaggi condotti da milizie affiliate o gruppi terroristici, e interruzioni delle forniture energetiche — una strategia già evocata in passato come leva geopolitica. La possibilità di uno scontro su più fronti è oggi più concreta che mai.

La comunità internazionale, e in particolare gli esperti di strategia militare, manifestano un’alta preoccupazione riguardo la rapidità di un’escalation. Dana Stroul, ex vice segretaria alla Difesa per gli affari mediorientali, ha espresso la paura che la situazione possa precipitare in modo rapido, rendendo difficile una gestione efficace da parte delle forze statunitensi. “Vedremo presto se l’amministrazione americana saprà affrontare le conseguenze di questa crisi,” ha commentato, evidenziando i rischi di un conflitto regionale.

Un elemento cruciale nell’attuale contesto è lo Stretto di Hormuz, via di transito strategica da cui passa circa il 20% del petrolio mondiale. La sua possibile chiusura, proposta dall’ex inviato speciale per l’Iran Elliott Abrams, potrebbe innescare un’impennata vertiginosa dei prezzi del petrolio, aggravando le tensioni economiche globali e rischiando di innescare crisi energetiche senza precedenti.

Gli esperti militari non lasciano spazio a dubbi sulla capacità offensiva dell’Iran: missili balistici, droni armati e missili da crociera sono già pronti all’uso, come confermato anche da Frank Kendall, ex segretario dell’aeronautica statunitense. Teheran sta monitorando attentamente ogni movimento delle forze americane schierate nel Golfo, dove circa 40.000 militari sono attualmente dispiegati in base a valutazioni di massimo allerta.

Le basi americane nella regione, dotate di sistemi di difesa come Patriot e tecnologie anti-drone, restano comunque vulnerabili a attacchi a corto raggio, alimentando un senso di instabilità che si fa sempre più pressante. La recente mobilitazione della portaerei USS Nimitz verso il teatro mediorientale segnala inoltre un aumento della presenza militare americana, come deterrente e risposta a possibili azioni di Teheran.

Le prossime ore appaiono decisive: l’Iran ha ormai dato segnali chiari di voler rispondere e il rischio di un’escalation che potrebbe estendersi oltre i confini regionali appare sempre più concreto. Nel frattempo, la diplomazia internazionale appare in secondo piano, mentre aumenta l’ansia di un conflitto aperto che potrebbe destabilizzare ulteriormente un’area già ad alta tensione, con ripercussioni di portata globale.

Gli occhi del mondo sono puntati su un Medio Oriente in piena fibrillazione, mentre il rischio di un conflitto su vasta scala si fa sempre più sostanziale.

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Trump bombarda l’Iran, la sinistra attacca la Meloni. Ma Schlein prende le distanze da Conte & Co
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Trump bombarda l’Iran, la sinistra attacca la Meloni. Ma Schlein prende le distanze da Conte & Co

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Nella notte, la regione mediorientale è stata teatro di un’escalation militare senza precedenti: gli Stati Uniti hanno condotto attacchi mirati contro obiettivi sensibili in Iran, tra cui siti nucleari considerati strategici. L’operazione ha avuto immediati effetti a livello internazionale, scuotendo anche l’Europa e, in particolare, l’Italia, dove il governo è stato prontamente messo in stato d’allerta per tutelare gli interessi nazionali.

A Palazzo Chigi, la premier Giorgia Meloni ha mobilitato le sue principali equipe, attivandosi subito con vari leader europei, tra cui il leader laburista Keir Starmer e il riferimento di Unione Cristiano Sofia Merz. Ma, sorprendentemente, tra le telefonate di solidarietà e analisi della situazione si è inserita anche quella con Elly Schlein, leader del Partito Democratico, con cui normalmente il centrodestra e il centrosinistra mantengono un confronto distaccato sui temi di sicurezza. In questa occasione, tuttavia, entrambe le forze politiche hanno condiviso la necessità di un’azione unitaria e responsabile per garantire la sicurezza dell’Italia.

Schlein si distingue dalla linea più critica adottata da altri esponenti della sinistra: “Serve unità” – ha affermato in una nota, mettendo in chiaro la volontà di distanziarsi dai toni duri di alcuni suoi alleati interni. La sua telefonata con Meloni, descritta da fonti del Nazareno come “costruttiva e lunga”, ha sottolineato la priorità di proteggere gli interessi italiani e di agire con fermezza ma anche con prudenza, evitando escalation potenzialmente pericolose.

Nel frattempo, il fronte politico interno si divide anche in modo più netto. Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 Stelle, ha voluto prendere parola sui social: “Meloni continuerà a mettere la testa sotto la sabbia come fa da tre anni?”, ha scritto, accusando il governo di procedere in ordine sparso e di non affrontare adeguatamente la crisi.

Le critiche si sono fatte più dure con l’intervento di esponenti di maggioranza e opposizione. Riccardo Magi di +Europa chiede trasparenza: “Gli Stati Uniti hanno avviato una guerra senza consultare la Nato. Meloni deve venire in Parlamento a spiegare tutto”. Fratoianni di Avs ha invece insistito sulla necessità di una “inizativa diplomatica immediata”, mentre Laura Boldrini, ex presidente della Camera, si è spinta a chiedere una condanna ferma da parte di Meloni nei confronti di Donald Trump, ritenendo che “questa corsa verso l’autodistruzione sta rischiando di isolare l’Italia nel momento più cruciale”.

Sul fronte governativo, il Ministro degli Esteri Antonio Tajani ha richiamato l’attenzione sulla priorità della de-escalation, mentre il Ministro della Difesa Guido Crosetto ha lanciato un allarme più immediato: “Si apre una crisi molto più grande di quello che immaginiamo”. Due orientamenti diversi, ma convergenti nel voler proteggere l’Italia senza alimentare allarmismi ingiustificati.

L’episodio ha aperto anche una ferita politica nel centrodestra e centrosinistra: mentre Schlein cerca di guadagnare credibilità presentandosi come una voce responsabile, Conte si posiziona a sinistra della scena, cercando visibilità con il suo solito attivismo. La leader del PD, infatti, prova a lasciare alle spalle le tensioni interne, cercando di presentarsi come interlocutrice affidabile, ma rischia di alimentare divisioni all’interno dell’opposizione.

In questa fase, l’Italia resta in attesa, impotente di fronte a un conflitto che si allarga ai confini dell’Europa, mentre il dibattito politico interno si fa sempre più scivoloso.

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“È stata la madre di Stasi” Cambia tutto, cosa si è scoperto
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Il delitto di Garlasco è uno dei più controversi e dibattuti casi di cronaca nera in Italia degli ultimi decenni. Tutto ha inizio il 13 agosto 2007, quando il corpo senza vita di Chiara Poggi, 26 anni, viene ritrovato nella villetta di famiglia a Garlasco (provincia di Pavia). A scoprire il corpo è il fidanzato, Alberto Stasi, all’epoca 24enne, che si presenta spontaneamente dai carabinieri.

Nonostante la condanna definitiva di Stasi, nel corso degli anni emergono nuovi dubbi. Dal 2016 si parla della possibile presenza di un altro soggetto, Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara, il cui DNA era stato trovato su un oggetto della casa ma inizialmente non analizzato. Nel 2023, la famiglia Poggi chiede la revisione del processo e nel 2025, la Procura riapre il caso e dispone un incidente probatorio su diversi reperti mai analizzati con tecnologie moderne.

A quasi 17 anni dal delitto, l’attenzione sul caso si riaccende quindi con nuovi inquietanti sviluppi. Durante l’ultimo incidente probatorio, i consulenti della Procura hanno rinvenuto un capello umano all’interno della spazzatura della casa di via Pascoli.

Il capello, lungo circa tre centimetri, è ora oggetto di analisi genetiche approfondite: l’obiettivo è ottenere un profilo di DNA nucleare utile per l’indagine. Non è l’unico reperto finito sotto la lente dei tecnici. Su una scatolina di fruttolo, gettato nello stesso contenitore, sono state rilevate tracce biologiche che verranno anch’esse esaminate.

E’ di queste ore una clamorosa rivelazione che getta nuove ombre sul caso. Una scoperta da brividi su un elemento mai considerato prima. Questa rivelazione cambia tutto: coinvolta la madre di Alberto Stasi. Cosa sta succedendo?

Il caso di Garlasco è tornato a far parlare di sé durante una recente puntata della trasmissione Quarto Grado. Al centro del dibattito, le dichiarazioni di Mario Venditti, ex procuratore capo di Pavia, che ha voluto chiarire pubblicamente il proprio ruolo nelle indagini legate al delitto di Chiara Poggi, avvenuto nel 2007.

Venditti ha precisato fin da subito di non essersi mai occupato delle indagini che hanno portato alla condanna definitiva di Alberto Stasi nel 2015. Quelle, ha spiegato, erano di competenza della procura e del tribunale di Vigevano. Il suo intervento, invece, riguardava un altro nome emerso nel corso degli anni: Andrea Sempio.

Il nome di Sempio è stato preso in considerazione su segnalazione della madre di Stasi, che presentò una denuncia nei suoi confronti. Venditti ha però chiarito che nessuna delle evidenze raccolte – uno scontrino relativo a un parcheggio a Vigevano il giorno del delitto, alcune telefonate effettuate da Sempio verso casa Poggi nei giorni precedenti e le analisi del DNA – ha mai fornito elementi utili per sostenere un’accusa formale.

“Il mio compito – ha spiegato l’ex magistrato – è stato semplicemente quello di riesaminare alcuni aspetti già valutati in passato dalla magistratura, senza mai discostarmi dai principi di imparzialità. Venditti ha poi ribadito con fermezza: “Andrea Sempio non ha nulla a che vedere con questo delitto. Sulla scena del delitto c’era una sola persona, e non era lui”.

Alla domanda se avesse mai avuto dubbi sulla sentenza, la risposta è stata netta: “Assolutamente no”. Il riferimento è chiaro: per Venditti, l’unico responsabile resta Alberto Stasi, la cui colpevolezza è stata confermata in via definitiva. Nonostante le nuove ipotesi e l’interesse mediatico ancora acceso, il caso di Garlasco continua ad alimentare interrogativi. E, per molti, la sensazione è che la verità, quella completa, sia ancora lontana.

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Giulia Salemi e i parenti in Iran: il messaggio doloroso
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Giulia Salemi e i parenti in Iran: il messaggio doloroso

Giulia Salemi e i parenti in Iran: il messaggio doloroso

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In un momento cruciale di crescente instabilità nel Medio Oriente, l’influencer e conduttrice Giulia Salemi ha voluto far sentire la propria voce, attraverso le piattaforme social, per condividere un messaggio di solidarietà e umanità riguardo alla difficile situazione che coinvolge il suo Paese d’origine, l’Iran.

Con l’intensificarsi del conflitto tra Israele e Iran, Salemi ha utilizzato le sue storie su Instagram per esprimere la sua preoccupazione e la sua vicinanza alle persone colpite da questa crisi. Non si è rivolto a questioni politiche in modo diretto, ma ha scelto un messaggio personale, carico di empatia e dolore. Ha detto: «Prego per la mia famiglia in pericolo e affinché cessino questi crimini di guerra», manifestando così il suo timore per i parenti ancora residenti nel Paese e per tutti coloro che faticano a vivere tra violenze e insicurezze.

L’influencer ha invitato alla riflessione e alla speranza di una soluzione pacifica, sottolineando come molte vite innocenti siano stati segnate dai recenti scontri. «Molti innocenti stanno perdendo la vita e noi possiamo solo pregare», ha scritto, ricordando che nelle regioni coinvolte ci sono famiglie, bambini e anziani che non hanno scelto questa guerra ma ne sopportano le conseguenze.

Giulia Salemi, da sempre fiera delle sue origini iraniane, una volta di più ha evidenziato come la sua storia personale si intrecci con le complesse dinamiche del conflitto attuale. Il suo racconto intimo rappresenta un ponte tra culture e un invito alla comprensione reciproca, senza drammatizzazione, ma con autenticità e speranza per un futuro migliore.

Il messaggio di Giulia Salemi si distingue per il suo tono umanista, lontano da prese di posizione ideologiche, ma fermamente incentrato sulla richiesta di pace e solidarietà internazionale. La conduttrice, con il suo esempio, si unisce a molte altre voci di celebrities e cittadini che, in questi momenti di tensione, scelgono di promuovere la speranza e l’umanità.

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